Le politiche sbagliate di finanza pubblica adottate dall’Italia a partire dagli anni ’80 hanno reso ingestibile la situazione del debito pubblico (mi piace dirlo così, ingestibile). Quando la Banca d’Italia ha “divorziato” dal Ministero del tesoro ha di fatto messo nelle mani della finanza internazionale le chiavi del finanziamento dello Stato e quindi da un debito del 57.7% sul PIL registrato nel 1980 si è passati ad un debito del 124,3% del 1994. Tra l’altro i dati ci raccontano anche che lo Stato italiano non ha mai speso più della media della spesa dei paesi europei, tantomeno di quella tedesca, quindi il debito italiano è chiaramente alimentato dagli interessi stessi che ogni anno si sommano a quelli dell’anno precedente.
L’impossibilità di controllare il tasso d’interesse su titoli emessi, in quanto appunto dal 1981 vengono determinati dal mercato e non dall’emittente, ha creato buona parte di quei 2.200 miliardi di euro (circa) di debito pubblico.
La Banca Centrale Europea funziona con lo stesso principio. Si muove, cioè, passando attraverso banche e mercati finanziari, non presta agli Stati direttamente ma lo fa con la “mediazione” dei mercati finanziari, quindi lasciando che il tasso lo facciano le esigenze del rendimento finanziario e non le esigenze di cittadini e popoli europei.
Ci sono molti modi di considerare il debito pubblico, qualche mio amico lo chiama “accredito pubblico” e già così rende meglio l’idea. Cambia la prospettiva. Qualche economista intelligente lo chiama “investimento per il futuro”, i nostri governanti, insieme ai vertici europei, lo chiamano in vari altri modi tipo: “capestro al collo degli Stati”, “blocco dello sviluppo di un Paese” ecc. ecc.. e ci dicono che dobbiamo ripagarlo a tutti i costi, altro che vecchietta da accudire, del resto sarà mica colpa del governo che questi vogliono vivere fino a ottant’anni? Magari con la pensione dello Stato?
Con le operazioni di Quantitative Easing del nostro eroe nazionale alla BCE l’Italia comprerà all’incirca 300 miliardi di debito pubblico, logica vorrebbe che questi soldi venissero scorporati dal debito pubblico per cui dovremmo essere già a 1.900 miliardi (2.200-300=1.900), semplice operazione di bilancio (consolidato)! E poi, sarebbe da fare una differenza tra il debito detenuto all’estero e quello detenuto in Italia? In un mondo logico si! Nel senso che posso anche calcolarlo tutto come esistente ma mi preoccupo solo di quel 30 o 40% detenuto da istituzioni estere e che devo per forza restituire nei tempi, il resto e in particolare quello detenuto da banche e istituzioni italiane posso gestirlo, salvando i risparmiatori piccoli e medi perché non fanno speculazione quando comprano i titoli di stato ma semplicemente “risparmio tutelato dalla Costituzione”.
Insomma di che cifra mi dovrei preoccupare? Secondo me tra i 600 e gli 800 miliardi… così in effetti farebbe meno paura. Il problema è però che se vi mettessi meno paura accettereste le mie proposte di riforma? Sicuramente no, per cui continuiamo a pensare di avere un debito (capestro e che frena lo sviluppo e che fa licenziare le persone, ecc.) di 2.200 miliardi.
Studio i fenomeni sociali seguendo quelli economici. Maturità classica e Laurea in Scienze Politiche, collaboro con il Gruppo Economia di Ferrara (GECOFE) nell'organizzazione di eventi, conferenze e nello studio della realtà macroeconomica. Collaboro con chi mi chiede collaborazione. Ho scritto i libri "Pensieri Sparsi" e "L'Altra Faccia della Moneta".
Un esempio di condizionalità politica potrebbe essere rappresentata … dal governo Draghi che grazie ad una manovra a dir poco inimmaginabile solo poco tempo fa, ad opera di uno sparuto gruppo parlamentare, diventa il gestore del Recovery italiano. Nientemeno una troika anticipata
gli investitori chiedono i nostri titoli e sono disposti ormai a comprarli anche a tasso negativo. Infatti le richieste, da febbraio circa, eccedono l’offerta di almeno 200 miliardi. Non ci sono dunque problemi di finanziamento né di credibilità sui mercati. La vera speculazione sta nel fatto di far credere il contrario, ed è proprio quando si diffondono queste paure che lo spread si allarga e quindi gli interessi aumentano. Paure giustificate dal fatto che quando non si può far leva sui poteri di intervento delle banche centrali, si rimane in balia degli umori del mercato.
Si era passati cioè al predominio della finanza e quindi di quella tecnocrazia in grado di regolare i mercati secondo gli interessi di una piccola parte di società a scapito della maggioranza della popolazione mondiale e quindi, per Tremonti, sarebbe stato importante passare dal Free Trade al Fair Trade, cioè da un mercato falsamente libero ad un mercato in cui si teneva conto delle esigenze degli Stati e quindi delle persone.
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