Chi vuol essere produttivo o per chi essere produttivo? La produttività serve al più forte o forse a nessuno, come la globalizzazione. di Claudio PISAPIA
Si lavora alla manovra finanziaria in vista della legge di stabilità e molti sono gli equilibri da mantenere. C’è da bloccare il previsto aumento dell’Iva, le pensioni, gli stipendi degli statali, la flessibilità che ci deve concedere Bruxelles, il debito pubblico che cresce a differenza del Pil.
Per l’Italia, ci dicono, la crescita e’ più necessaria che in altri Paesi perché abbiamo un debito pubblico più alto. Quindi in sua mancanza abbiamo bisogno che l’Europa ci faccia fare più deficit (da tener sempre presente che per altri paesi europatici lo sforamento del deficit e’ la regola) ma per bilanciare l’elemosina dobbiamo fare più riforme strutturali. E si sa, riforme strutturali significa cessioni di diritti e sovranità.
Intanto la strada non può essere che l’aumento della produttività sognando l’innovazione.
Ovviamente l’immagine di fondo da telegiornale in questi casi è dedicata all’immortale “tempi moderni” di Charlie Chaplin e all’immane fatica dell’operaio di automatizzarsi (o disumanizzarsi) per soddisfare i crescenti bisogni produttivi (di chi?) abbassando il costo del lavoro attraverso il miglioramento dei tempi di produzione per unità di prodotto.
In sintesi la produttività si alza diminuendo la sua incidenza sul prodotto finale, cioè produrre di più con meno costi, quindi fare più auto a parità di stipendio, diminuire i minuti di pausa, tenere fermi gli stipendi per anni, tagliare indennità. Oppure agire sul lordo diminuendo le tasse ai ‘donatori’ di lavoro, concedendo sgravi fiscali a chi assume, far diventare conveniente assumere perché si pagano meno tasse e si ricevono incentivi dalla comunità.
Manovre che tendenzialmente portano a due risultati o tendono a questi. Aumento della produzione e creazione di lavori di foggia peggiore rispetto a quelli visti nel passato. E contemporaneamente si allunga l’attesa per il pensionamento in considerazione anche che, essendo peggiorati gli stipendi e quindi i contributi versati sui quali saranno calcolate le future pensioni, dette pensioni saranno molto più basse. Quindi saremo costretti a lavorare fino alla morte o, se ne avremo la capacità, ad alimentare il sistema delle assicurazioni private e fondi pensioni, ad americanizzarci, cioè a diventare finalmente “civili”.
Il fatto è che il mercato attuale, quello globale, non presta molta attenzione al lavoro, non ne ha bisogno. Non è più con il lavoro che si fanno i soldi, regola ovviamente che non vale per tutti (il 99% della popolazione continua a lavorare in condizioni sempre peggiori) ma solo per chi governa il mondo, cioè l’unica parte che conta davvero (il famoso 1% che conosce il funzionamento della borsa, derivati, sistema bancario).
Il mercato liberista, finanziarizzato e diretto dalle banche prevede argomenti tipo FIAT/Marchionnici. Una azienda promette ad uno Stato di tenere una fabbrica aperta in cambio di riforme strutturali, tipo svalutare il lavoro e diminuire i diritti oltre che gli stipendi, in modo che non licenzia anzi assume un po’ (perché ci sono gli incentivi dello Stato), aumenta la produttività, produce di più, a scapito dell'”incidenza” lavoratore. Produce di più a costi bassi e vende in tutto il mondo, globalizzato. Non avendo quindi necessità di vendere dove produce, può produrre dove il costo del lavoro e’ più basso (e il governo magari le da una mano) e vendere dove c’è richiesta.
Il mercato apprezza (lui non ha certo remore visto che non le hanno nemmeno i nostri governanti che fingono di fare i nostri interessi tenendo invece su il sistema marcio) e le azioni salgono.
FIAT/Marchionnici aumentano il loro introito giustificato dal fatto di avere aumentato le vendite e fatto guadagnare a proprietari e azionisti. Del resto parte del loro stipendio e’ in azioni e aumentarne il valore conviene! A un azionista non interessa né lo stipendio dell’operaio, né dove l’auto viene prodotta e tantomeno dove viene venduta. Interessa, giustamente, l’utile.
Morale? La produttività non è qualcosa che riguarda l’operaio, lo stipendiato, l’uomo comune (99% della popolazione) ma gli amministratori delegati e i possessori dei mezzi di produzione (1% della popolazione).
Per inciso, il mezzo di produzione per eccellenza nel nostro sistema post-capitalista, finanziarizzato, pre distruzione da derivati tossici e’ la moneta, perché con i soldi si fanno altri soldi e con altri soldi si fa il potere. Il lavoro in questo sistema non è qualcosa di fondamentale, che serve tanto. I governanti lo sanno e gli piace stare dalla parte del potere, quindi non dobbiamo pensare che stanno sbagliando, anzi!!!
Studio i fenomeni sociali seguendo quelli economici. Maturità classica e Laurea in Scienze Politiche, collaboro con il Gruppo Economia di Ferrara (GECOFE) nell'organizzazione di eventi, conferenze e nello studio della realtà macroeconomica. Collaboro con chi mi chiede collaborazione. Ho scritto i libri "Pensieri Sparsi" e "L'Altra Faccia della Moneta".
“Dal punto di vista economico, l’Europa è ancora fra i grandi protagonisti del mondo, ma non abbiamo un ruolo internazionale a causa della nostra disunione.”
Cosa è successo: la soglia del 3% era una bufala, quando si vuole si può spendere, agendo sempre da buon padre di famiglia, comportamento che diventa buono per tutte le stagioni, a seconda di cosa ci devono vendere.
Per capire gli Stati Uniti basta essere appassionati delle loro serie TV. Con un abbonamento netflix si può studiare con poca approssimazione, dovuta alla necessità del drama, quella società e persino capirla. Si vede gente Leggi tutto…
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