LA FINE DEL QUANTITATIVE EASING … OPPURE NO! IL LAVORO CHE NON CI HA DATO E LA RIPRESA CHE NON SI VEDE

Pubblicato da Claudio Pisapia il

Articolo pubblicato su ferraraitalia in formato ridotto mentre la versione sotto è completa

La Banca Centrale Europea ha deciso che l’operazione di Quantitative Easing si concluderà a fine 2018. Il suo Governatore, Mario Draghi, ha precisato che si tratta di una sospensione, ma che lo strumento esiste e, se ce ne dovesse essere bisogno, potrà essere utilizzato di nuovo in futuro.
Il quantitative easing (qe) era stato introdotto nel 2015 e in tre anni e dieci mesi di vita ha prodotto (e produrrà) acquisti di titoli di varia natura, ma soprattutto titoli di Stato, per 2.595 miliardi di euro. 600 miliardi acquistati nel 2015, 900 nel 2016 quando gli acquisti mensili furono portati a 80 miliardi, 780 nel 2017 e 315 nel 2018, considerando che da gennaio a settembre gli acquisti mensili equivalgono a 30 miliardi per poi attestarsi a 15 come operazione di tapering (diminuzione degli acquisti) nell’ultimo trimestre.

Il proseguimento degli acquisti ha determinato un incremento dello stato patrimoniale consolidato dell’Eurosistema, che è aumentato del 22% portandosi a quota 4.472 miliardi di euro (3.661 miliardi nel 2016).

Comunque le operazioni di QE nel mondo per contrastare la crisi hanno “allargato” i bilanci anche di altre banche. Di seguito la situazione della FED (dal sole24ore)

Cioè: quando c’è una crisi che toglie risorse finanziare, cioè soldi, dall’economia, per poter ripristinare o migliorare la situazione, si cerca di iniettare nel sistema liquidità. Il QE è un modo.

Funziona così: le Banche Centrali comprano titoli di stato e titoli di aziende in difficoltà (di sicuro in Europa non si è fatto così, si è preferito comprare le obbligazioni delle aziende migliori, quelle da tripla A!) per dare liquidità al sistema. Cioè le banche centrali si riprendno i pagherò (titoli di stato) dando in cambio e prima della scadenza naturale il corrispettivo alle banche le quali avrebbero dovuto fare prestiti alle famiglie e alle imprese utilizzando proprio quei soldi ricevuti.

Interessante da notare come vengono ampliati i bilanci delle Banche Centrali, dove mai prenderanno quelle migliaia di miliardi? sono soldi da restituire a qualcuno?

Cosa succede dopo il QE.

Un primo ed evidente dato tecnico sarà assistere alla diminuzione dello stato patrimoniale della Bce, che appunto calerebbe non avendo più 2.595 miliardi di asset. Oppure no. La Bce potrebbe infatti decidere di mantenerlo reinvestendo il controvalore dei titoli o, ancora, vendere i titoli prima della scadenza.

Il motivo? Mantenere liquidità nel sistema. Opzioni che al pari dello stesso qe sostituiscono le parole, ma non cambiano il concetto dello ‘stampare moneta’, che non si può dire. Come aveva detto in conferenza stampa qualche tempo fa Mario Draghi rispondendo alla domanda di un giornalista: “la Bce ha ampie risorse per affrontare qualsiasi crisi”, “possono finire i soldi?”. I soldi non possono finire in quanto c’è qualcuno che ha il potere di crearli al bisogno, ma se la si facesse troppo facile allora crollerebbero le azioni di chi ha il potere di farlo, qualcuno perderebbe insomma potere e anche la possibilità di imporre sacrifici.

La logica dovrebbe poi aiutarci a comprendere che in un sistema deve per forza esserci qualcuno che la moneta la immetta, altrimenti quanto meno non sarebbe più possibile effettuare scambi (e far crescere il pil). E chi ha il potere di farlo, viene da sé, ha costi di emissione irrisori a meno di non voler far credere che debba andarli a cercare chissà dove o scavarli nelle miniere.

Come abbiamo visto dai grafici sopra, le banche centrali “ampliano” semplicemente il loro bilancio, che equivale a stampare moneta, a creare soldi dal nulla e quando la necessità della liquidità finisce, perché ce n’è abbastanza e il sistema economico riprende il suo normale corso (la crisi è alle spalle) allora i bilanci possono semplicemente ritornare al loro stadio primordiale. Non ci sono soldi da restituire a qualcuno o da ridare indietro.

Credo che l’operazione, comunque, non abbia ottenuto grandi risultati, semplicemente perché si è scelto di fare delle cose possibili in un determinato modo. Il dato importante da comprendere è che si può fare ma che magari si potrebbe fare meglio. Immaginiamo ad esempio che fosse stata fornita liquidità agli Stati con un unico e semplice obiettivo e senza passare dalle banche: creazione di lavoro puro e semplice. Far scendere il livello di disoccupazione dal 10 al 2 per cento. Assumendo persone in programmi di lavoro temporanei, dignitosi e dignitosamente remunerati.

Il sistema economico si sarebbe rimesso in circolo, le aziende avrebbero ripreso a produrre e quindi avrebbero riassorbito la mano d’opera precedentemente  assunta a diverso titolo dallo Stato a da aziende da esso controllate (avercele!).

E’ chiaro che il punto di partenza deve essere diverso da quello di Mario Draghi, creare lavoro (punto) e non fare calcoli strani sull’inflazione che è un problema forse per la psicologia tedesca ma che a noi potrebbe interessare poco. Ogni circuito economico ha i suoi specifici problemi, peculiarità, esigenze, modalità, ecc. ecc..

Il metodo dell’establishment di utilizzare gli strumenti di politica economica, purtroppo, nella nostra vita reale, porta spesso alla disperazione, alla chiusura delle aziende, ai licenziamenti, all’impoverimento dei cittadini. Alla regressione totale di intere nazioni in termini finanziari, sociali, di fornitura di servizi, di riequilibrio nella distribuzione della ricchezza.

In conclusione prendiamo atto, come sempre, delle decisioni di fare e disfare sulla nostra pelle, senza motivi reali o veramente necessari. Accettiamo di buon grado, non potendo fare altro, l’imminente interruzione dell’acquisto di titoli da parte delle banche centrali quando nemmeno il target dell’inflazione al 2% è stato raggiunto e nonostante questa operazione avesse dimostrato quanto meno ai più che era possibile tenere lontano la speculazione e gli alti tassi d’interesse a carico degli Stati.

Dopo la fine del qe crescerà la vulnerabilità degli Stati, si alzeranno i tassi di interesse sui titoli, e quindi più costi sul piano debito pubblico, e gli spread (almeno per alcuni Paesi). Probabilmente ci sarà anche un rialzo dell’euro sul dollaro, il che peggiorerebbe i rapporti di bilancia commerciale, ovvero potrebbe intaccare la quota di surplus raggiunta sulle esportazioni. Da considerare che proprio grazie al qe il rapporto euro-dollaro aveva subito una svalutazione più o meno del 30% e tale svalutazione ci ha avvantaggiato senza portarci le catastrofi che invece si invocano quando si parla di una possibile svalutazione di una eventuale “lira” in caso di uscita dal sistema di cambi fissi dell’euro.

Insomma, se si ha a disposizione un’arma per allontanare la speculazione e migliorare anche la bilancia commerciale, perché non utilizzarla? Misteri delle regole europee, ma anche delle convinzioni indipendentiste rispetto alle banche centrali, le quali, si dice, devono operare per mantenere inalterato le leggi del mercato anche a discapito di Stati e cittadini.


Claudio Pisapia

Studio i fenomeni sociali seguendo quelli economici. Maturità classica e Laurea in Scienze Politiche, collaboro con il Gruppo Economia di Ferrara (GECOFE) nell'organizzazione di eventi, conferenze e nello studio della realtà macroeconomica. Collaboro con chi mi chiede collaborazione. Ho scritto i libri "Pensieri Sparsi" e "L'Altra Faccia della Moneta".

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