LA CINA, IL PAREGGIO DI BILANCIO E LA DOMANDA AGGREGATA
Quello che segue è un grafico che mostra il livello mondiale del risparmio rispetto al PIL che, come si vede, non gode di ottima salute.
ma chi è che gode oggi di un alto livello di risparmio? ebbene si, sempre la Cina che ultimamente siamo abituati a veder primeggiare praticamente in tutto.
Il risparmio dei cinesi arriva da una serie di fattori che il FMI racchiude nel grafico seguente
quindi:
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ragioni demografiche legate alla politica “del figlio unico” in base alla quale i cinesi, non avendo da spendere nell’immediato per i figli, risparmiavano per il loro futuro da pensionati
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la crescita registrata negli ultimi anni del livello medio dei salari da una parte e la crescente diseguaglianza creata dalla nuova ricchezza dall’altra, quest’ultimo (fenomeno) non crea effetti molto diversi in Occidente. In sostanza i ricchi anche se continuano a far fortuna non riescono ad incrementare la loro già cospicua spesa, per cui il surplus finisce per aumentare il livello generale di risparmio
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poi c’è la riforma economica che ha stimolato il risparmio in altri modi. Un numero maggiore di cinesi vive ora nelle proprie case, a differenza degli alloggi forniti dalle imprese statali. Quindi devono risparmiare per un acconto e per il pagamento dei mutui ipotecari. (L’indebitamento delle famiglie, anche se ancora basso, è aumentato rapidamente negli ultimi anni, in gran parte legato alla speculazione sui prezzi dei beni. E un calo della spesa pubblica per i servizi sociali durante la transizione economica degli anni ’80 e ’90 ha fatto sì che i cinesi debbano risparmiare di più per la pensione o per pagare per l’assistenza sanitaria.
A questo punto sono interessanti le considerazioni del FMI. Parte da tre presupposti, il primo che bisogna stimolare i cittadini a spendere (per aumentare quella che si chiama “domanda aggregata”), la seconda che a dare la spinta debba essere lo Stato (quindi si chiede una politica attiva di quest’ultimo e non di spettatore), la terza è che se lo Stato per aumentare la domanda deve spendere a sua volta lo debba fare chiedendo più soldi ai cittadini, quindi:
lo Stato per incoraggiare la spesa potrebbe:
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Rendere l’imposta sul reddito più progressiva e favorevole alla famiglia, cioè abbassare le tasse tipo il nostro IRPEF;
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Spendere di più per l’assistenza sanitaria, le pensioni e l’istruzione, cioè costruire ospedali, assumere medici e infermieri, fare più assistenza agli anziani, rendere le medicine gratuite, ecc. ecc.;
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Spendere di più per l’assistenza ai poveri, che ridurrebbe le disuguaglianze di reddito, cioè dare un reddito a chi non ce l’ha oppure fornirgli del cibo o da coprirsi o, perché no, fargli fare qualche lavoro utile a tutti.
Naturalmente, il consiglio del FMI alla Cina per pagare tutto questo è di aumentare le entrate magari attraverso i dividendi pagati dalle imprese statali (perché la Cina ha aziende statali come le avevamo noi una volta) oppure trasferire le azioni di queste imprese ai fondi di previdenza sociale (leggera privatizzazione).
Insomma pur ammettendo la necessità che lo Stato debba essere arbitro in economia e quindi intervenire per raffreddarla o surriscaldarla, non lascia l’idea che il tutto debba essere fatto in pareggio di bilancio. Il punto però è che la Cina può già fare politiche economiche di questo tipo proprio perché ha delle aziende statali su cui fare affidamento per politiche anticicliche (raffreddare o surriscaldare) e una Banca Centrale di proprietà con la quale fare politiche monetarie, quindi che consiglio sarebbe quello del FMI? non ha bisogno di inventarsi nulla perché ha gli strumenti per fare tutto, e lo sta dimostrando ampiamente, di dare senza necessità impellenti di chiedere.
Quindi politiche di aumento del benessere della popolazione cinese, attraverso lo stimolo della domanda aggregata, non necessitano di sacrifici ma, anzi, dovrebbe essere una priorità perché la forza di uno Stato sta proprio nella sua capacità economica interna prima che esterna. In ciò che si produce per i propri cittadini a cui si da la possibilità di ricomprare quanto hanno saputo produrre.
Il resto viene dopo.
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