L’ITALIA E’ ANCORA AL 9° POSTO NELLA CLASSIFICA DELLE POTENZE ECONOMICHE MONDIALI… NONOSTANTE GIORNALI, TV E PD
La più grande difficoltà nasce non tanto dal persuadere
la gente ad accettare le nuove idee,
ma dal persuaderla ad abbandonare le vecchie.
(John Maynard Keynes)
Keynes ci ha sempre visto lungo, noi arranchiamo e non solo non riusciamo ad abbandonare le vecchie idee per far posto al nuovo ma siamo riusciti a confondere anche la realtà in maniera tale che informazioni alla portata di tutti e attualissime sono state trasformate in qualcosa di obsoleto, inutile.
C’era un tempo non lontano in cui i giornali scrivevano che
ma erano tempi lontani, anche se molti di noi erano già nati e magari già in grado di leggere un giornale.
Verso il 1994 passiamo invece al 6° posto della classifica e davanti a noi avevamo nell’ordine:
- gli Stati Uniti
- Giappone
- Germania
- Francia
- UK
Agli inizi del nuovo secolo e anche millennio si intromette la Cina e passiamo al 7° posto, poi al’8° per l’ingresso dell’India e 18 mesi fa la situazione era la seguente
cioè
poi si passa ad oggi, 2017
cioè
Insomma l’Italia perde soprattutto con il nuovo millennio ma rimane saldamente tra le prime 10 potenze economiche mondiali per GDP cioè per Prodotto Interno Lordo.
Ma qual’è la cosa che non vediamo? l’informazione vera che sfugge continuamente a tutti?
Proprio il fatto che l’Italia non è un Paese qualsiasi ma tra i Paesi al Top della produzione e della ricchezza e la domanda che ne dovrebbe scaturire è: perché la stampa e la TV continuano a presentarlo come un Paese in difficoltà, da default, da Paese in cerca di aiuto, incapace di tenersi a galla?
Probabilmente perché c’è un’incapacità generalizzata di vedere al di là del proprio naso, di capire che occupiamo il posto che meritiamo e che ci siamo meritati nonostante l’attuazione di politiche folli, recessive, controproducenti, avverse alla crescita e allo sviluppo. Politiche contro le persone e le aziende (oltre che contro la logica) e in questa opera di disinformazione la politica continua ad essere aiutata dai giornali e dalla TV nel dipingere una realtà inesistente.
La posizione da primato che continuiamo a tenere è dovuta alle nostre aziende e alla nostra genialità nel produrre quanto interessa agli italiani e anche al mondo. Ottenuta grazie alle piccole e micro imprese che ci portarono all’epoca alla 4^ pozione della classifica ma che una politica dissennata si rifiuta di riconoscere come peculiarità italiana. Peculiarità che dovrebbe essere aiutata attraverso buone politiche di credito (quindi aiutare anche le nostre piccole banche territoriali) e difesa contro le multinazionali e le grandi imprese estere che invece fagocitano e distruggono la nostra realtà produttiva.
La tutela del piccolo e del locale non è preistoria da consegnare alla memoria ma è qualcosa che disegnerà il futuro e, si spera, senza dover passare per la distruzione di quanto di buono è stato fatto e costruito.
Si pensi ad una città come Ferrara, dove supermercati e grande distribuzione hanno regalato occupazione di basso livello e di poca soddisfazione lasciando il deserto di piccole aziende, piccolo commercio, aziende agricole costrette a vendere i loro prodotti a pochi centesimi e di conseguenza costrette a loro volta a pagare pochi euro ai lavoratori locali.
Oppure si pensi all’affidamento del lavoro ad agenzie o a cooperative che prima erano affidati direttamente alle aziende o ai Comuni, pratica che ha portato, in nome del progresso, alla svalutazione del lavoro stesso e per questo basti guardare e confrontare le buste paga di qualche tempo fa con quelle di adesso.
Il progresso sta portando regresso, nel lavoro come nella vita sociale. E questo è dovuto in gran parte al fatto che accettiamo di guardare al presente senza passare dal passato con una visione del futuro.
“Meglio un posto di lavoro a 500 euro che niente“!!! invece no. Meglio fermarsi a ragionare, riprendere in mano la capacità politica e propositiva che deve appartenere al cittadino. Piuttosto che continuare ad andare alla deriva, fermarsi e scegliere la rotta. Dove vogliamo andare e come vogliamo arrivarci?
Fermiamoci a rivalutare il nostro Paese e cominciamo a ragionare per quello che realmente sono le nostre capacità. Nel mondo siamo al 9° posto e non dobbiamo perdere altre posizioni, nell’eurozona siamo al 3° posto e dobbiamo smettere di essere trattati da PIIGS perché senza l’Italia non può esistere l’euro né tanto meno un’area valutaria omogenea. Gli elementi di disturbo non sono la Grecia o la Spagna ma sono la Germania, con la sua politica nazionalista e distruttiva della libera concorrenza sia interna all’Europa che esterna, e la Francia, con la sua politica ugualmente nazionalista e imperialista, sempre pronta alle avventure colonialiste in Africa e poco rispettosa dei confini e dei diritti altrui.
Fermiamoci a ragionare sul perché in televisione appare ancora la Fornero, Monti e la Bonino nonostante non rappresentino più nessuno (e probabilmente non hanno mai rappresentato nessuno). Ragioniamo sul perché le loro idee neoliberiste e chiaramente contrarie alle persone abbiano oggi tanto successo.
Ma la cosa che davvero non riesco a comprendere è come mai persone del popolo si convincano che andare in pensione a 70 anni con una mensilità da fame sia meglio che andare in pensione a 60 anni con dignità? che un lavoro precario sia meglio di un lavoro stabile, duraturo e ben pagato? che assicurare un reddito minimo alle persone sia da considerare dannoso? come dannoso sia da considerare rimanere attaccati al proprio territorio e alla propria famiglia invece che emigrare e vivere senza legami?
Perché consideriamo oggi un figlio un problema e non una risorsa? Davvero siamo tutti così indottrinati da non riuscire a vedere cosa ci stanno facendo?
Quello che è buono solo per una piccola minoranza è diventato buono per tutti. Il buono della Confindustria è buono per gli operai, il buono di Marchionne è buono per il pensionato, il buono di Cottarelli e Boeri diventa il buono per tutti gli italiani. E alla fine il taglio delle pensioni d’oro diventa un problema per i pensionati al minimo, la chiusura degli esercizi commerciali di domenica un problema per la produttività.
Fermiamoci un attimo a ragionare, ma facciamolo con l’intenzione di abbandonare un po’ di convinzioni e di lasciare un po’ di spazio al nuovo.
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