FUMETTI E CONFETTI (O CONFLITTI)
A dieci anni dall’inizio della crisi finanziaria i miliardari sono più ricchi che mai e la ricchezza è sempre più concentrata in poche mani. L’anno scorso soltanto 26 individui possedevano la ricchezza di 3,8 miliardi di persone, la metà più povera della popolazione mondiale. Nel 2017 queste fortune erano concentrate nelle mani di 46 individui e nel 2016 nelle tasche di 61 miliardari. Il trend è netto e sembra inarrestabile. (cit. ilsole24ore su dati Oxfam)
Il patrimonio dell’uomo più ricco del mondo, Jeff Bezos(proprietario di Amazon) è salito a 112 miliardi di dollari. Appena l’1% di questa cifra – sottolinea il rapporto di Oxfam – equivale quasi all’intero budget sanitario dell’Etiopia, un Paese con 105 milioni di abitanti. E mentre le loro fortune continuano ad aumentare, gli individui più ricchi del mondo e le società di cui sono proprietari godono anche di livelli di imposizione fiscale tra i più bassi degli ultimi decenni (cit. ilsole24ore su dati Oxfam)
Solo nel 1980 negli Stati Uniti l’aliquota più alta dell’imposta sui redditi delle persone fisiche era del 70% mentre oggi è del 37%, cioè quasi la metà.(cit. ilsole24ore su dati Oxfam) .
In Italia si è passati dal 75% al 43% mentre la minima dal 10% al 23%.
Insomma, se i dati dicono che la crisi sta aiutando i più ricchi a diventare sempre più ricchi allora bisogna essere un po’ maliziosi e cominciare a pensare che la crisi non passa perché a qualcuno piace. E magari, addirittura, arrivare a pensare che, nonostante sia evidente l’esistenza di metodi per far fronte alle problematiche economiche, il sistema sia stato disegnato per avere una ciclicità nelle crisi.
E se in realtà l’abbassamento delle tasse per le classi più ricche è già avvenuto e in maniera consistente e questo non ha fatto altro che aumentare disuguaglianza ed esasperare il conflitto sociale, allora magari non è il caso di continuare su questa strada. Semplificazione sì, ma non di nuovo regali.
E, visto che tutto quello che si è fatto finora ha determinato quanto ci ritroviamo oggi, potremmo smetterla di dire che siamo tutti sulla stessa barca, confindustria e sindacati, operai e amministratori delegati, soldati e generali.
E’ necessario riattivare un sano conflitto sociale, le giuste rivendicazioni per classi, uno sviluppo basato sulla richiesta di diritti e non sul contenimento della spesa pubblica.
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