DISUGUAGLIANZE A TAVOLA, TRA PERSONE E DI GENERE, TRA REGIONI E PAESI, TRA ME E TE

Pubblicato da Claudio Pisapia il

Fonti: Credite Suisse (rapporto annuale sulla ricchezza globale), Oxfam, HowMuch, Visual Capitalist, la finestra di casa mia.

Secondo il Credit Suisse nel 2019, la ricchezza globale è cresciuta di 9.1 trilioni di dollari arrivando a 360.6 trilioni con un aumento del  2.6% rispetto all’anno precedente. Per adulto sarebbero 70.850 dollari, un aumento dell’1,2%, un massimo storico.

Di seguito la ricchezza globale divisa per Regioni anticipata dal grafico sopra

Regione Ricchezza totale in Mld di dollari, 2019 % Quota globale
Nord America $114.607,00 31.8%
Europa $90.752,00 25.2%
Asia-Pacifico $64.778,00 18.0%
Cina $63.827,00 17.7%
India $12.614,00 3.5%
Sud America $9.906,00 2.7%
Africa $4.119,00 1.1%

Per quanto riguarda invece i Paesi che si contendono il primato, di seguito la classifica in grafico e in tabella

Nazione Ricchezza totale in Mld di dollari, 2019 % Quota globale
Stati Uniti $105.990,00 29.4%
Cina $63.827,00 17.7%
Giappone $24.992,00 6.9%
Germania $14.660,00 4.1%
Gran Bretagna $14.341,00 4.0%
Francia $13.729,00 3.8%
India $12.614,00 3.5%
Italia $11.358,00 3.1%
Canada $8.573,00 2.4%
Spagna $7.772,00 2.2%
Sud Corea $7.302,00 2.0%
Australia $7.202,00 2.0%
Taiwan $4.062,00 1.1%
Svizzera $3.877,00 1.1%
Olanda $3.719,00 1.0%
Altri $56.585,00 15.7%

Passando poi a OXFAM scopriamo che nel 2019 e a livello globale  2.153 miliardari detenevano più ricchezza di 4,6 miliardi di persone, cioè circa quanto il 60% della popolazione globale. In accordo con Credite Suisse conferma che la ricchezza globale è in crescita tra giugno 2018 e giugno 2019, ma sottolinea che tale ricchezza resta fortemente concentrata al vertice della piramide distributiva ed infatti: l’1% più ricco, sotto il profilo patrimoniale, deteneva a metà 2019 più del doppio della ricchezza netta posseduta da 6,9 miliardi di persone.

Scavando tra i dati ci dice anche che il patrimonio delle 22 persone più facoltose era superiore alla ricchezza di tutte le donne africane.

In Italia, il 10% più ricco possedeva oltre 6 volte la ricchezza del 50% più povero dei nostri connazionali. Una quota cresciuta in 20 anni del 7,6% a fronte di una riduzione del 36,6% di quella della metà più povera degli italiani. L’anno scorso inoltre, la quota di ricchezza in possesso dell’1% più ricco degli italiani superava quanto detenuto dal 70% più povero, sotto il profilo patrimoniale.

Un dato da non sottovalutare, inoltre, è che: nel mondo il 46% di persone vive con meno di 5.50 dollari al giorno.

Andando un pò più indietro nel tempo, e precisamente a un altro Rapporto Oxfam “Non rubateci il futuro” del settembre 2019 troviamo ancora approfondimenti sulla situazione la situazione italiana.

Secondo Oxfam non solo la disuguaglianza in Italia sta crescendo ma si configura sempre di più come un vero e proprio scontro generazionale, a supporto dell’idea che qualcosa non funziona nel sistema complessivo e che sia proprio qui che si dovrebbe concentrare l’attenzione della politica.

I giovani devono fare i conti con un mercato del lavoro disuguale caratterizzato dall’aumento della precarietà lavorativa e dalla vulnerabilità dei lavori più stabili. Quello che sostanzialmente oggi viene chiamato “aumento della produttività” oppure “bilanciamento del sistema concorrenziale” e che aiuta gli esportatori, si traduce sostanzialmente in un peggioramento generalizzato del quadro complessivo a spese ovviamente della parte più indifesa della società.

Carenze nell’orientamento, debolezze sistemiche nella transizione dalla scuola al mondo del lavoro, arretramento pluridecennale dei livelli retributivi medi per gli occupati più giovani, sotto-occupazione giovanile, scollamento tra la domanda e l’offerta di lavoro qualificato che costringe da anni tanti giovani laureati ad abbandonare il nostro Paese in assenza di posizioni lavorative qualificate e di prospettive di progressione di carriera, questi in sintesi la carrellata di problematiche che avrebbero bisogno di risposte che sembrano non esserci vista la loro persistenza negli ultimi decenni.

In Italia, ma sfido a guardare i dati degli altri, ci si colloca tra i Paesi con una forte influenza delle origini familiari sul successo occupazionale dei figli e con persistenza generazionale dei redditi, a partire dalla generazione dei nati negli anni Ottanta. Insomma non è un caso che più ha preso il sopravvento la dottrina neoliberista e più sono aumentati privilegi e stagnazione della società, quindi si parte dagli anni ’80, dall’inizio della lotta all’inflazione e al debito pubblico, fino al totale scollamento generazionale dei giorni nostri.

I giovani entrati nel mercato del lavoro negli ultimi dieci anni percepiscono un reddito più esiguo se paragonato ai livelli retributivi dei loro genitori all’epoca del loro ingresso nel mercato del lavoro e, a livello reddituale, quelli tra i 15 e i 29 anni mostrano un trend costante di riduzione delle retribuzioni annue medie e più marcato rispetto alle classi dei lavoratori in età tra i 30 e i 49 anni e gli over50. Un trend che “viene da lontano” e che ha visto, fatta 100 la media dei redditi sulla popolazione in un dato anno, i redditi dei giovani ridursi da 76.3 del 1975 a 60 del 2010 per calare ancora a 55.2 nel 2017.

Le disuguaglianze di reddito dei genitori diventano poi disuguaglianze di istruzione dei figli che si trasformano, a loro volta, in disuguaglianze di reddito, replicando, sebbene con intensità diversa, quelle che esistevano tra i rispettivi genitori. In media, il figlio di un dirigente ha, a parità di istruzione, un reddito netto annuo superiore del 17% rispetto a quello percepito dal figlio di un impiegato.

Cioè persiste e viene codificata una sorta di divisione della popolazione per censo, che poi scandalizza se appare nei resoconti finali di qualche scuola.

Del resto la spesa pubblica per l’istruzione, al 3,8% del Pil nel 2017, colloca il nostro Paese tra gli ultimi Paesi dell’Unione Europea per il finanziamento ed è in calo dal 2008. Continuiamo ad applicare cioè quel principio dell’austerità espansiva impostaci dalla Bce e codificata nella nostra Costituzione dal governo Monti all’art.81.

Se non si rischiasse di essere troppo banali, si potrebbe dire che “si stava meglio quando si stava peggio”. In realtà stiamo semplicemente applicando pedissequamente i principi neoliberisti che vogliono “lo Stato come una famiglia”, il controllo dei bilanci pubblici attraverso il commissariamento di entità sovranazionali, la supremazia della finanza sulla politica, la tutela degli interessi privati rispetto a quelli collettivi, la confusione degli stessi interessi di classe per cui oggi vale l’idea che “siamo tutti nella stessa barca” e quindi i sindacati perseguono gli stessi interessi dei capitalisti.

“Cosa mangi stasera? ” … “niente grazie, sono pieno”


Claudio Pisapia

Studio i fenomeni sociali seguendo quelli economici. Maturità classica e Laurea in Scienze Politiche, collaboro con il Gruppo Economia di Ferrara (GECOFE) nell'organizzazione di eventi, conferenze e nello studio della realtà macroeconomica. Collaboro con chi mi chiede collaborazione. Ho scritto i libri "Pensieri Sparsi" e "L'Altra Faccia della Moneta".

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