… MA SONO A(NCORA) LETTO CON L’INFLUENZA

Pubblicato da Claudio Pisapia il

Riprendiamo il post di ieri.

Si parlava dei diritti e della loro tutela e si faceva qualche confronto tra Costituzione e Trattati europei con l’idea non di aggiungere qualcosa ma semplicemente di diffusione di quel che già dovrebbe essere noto. Poi vediamo come va a finire Risultati immagini per EMOJI

Il principale ostacolo alla tutela dei diritti, ma probabilmente anche alla loro individuazione, sta nella scelta di base che è stata operata nei due casi. Quando si è deciso di scrivere la nostra Costituzione si è pensato a Keynes dal lato economico e al socialismo dal lato dell’impostazione dei rapporti sociali. In quest’ultimo caso pero’ si è scritto in maniera ben chiara che non si trattava di comunismo sovietico ed infatti si scrivevano e si introducevano articoli in difesa della libertà individuale e di iniziativa privata ma il tutto doveva svolgersi senza entrare in contrasto con l’utilità sociale.

Il ruolo dello Stato è fondamentale nella nostra Costituzione, perché è il garante e il controllore. Crea le condizioni perché il lavoro ci sia e venga tutelato, perché il risparmio ci sia e venga tutelato, perché i più deboli vengano sostenuti e tutelati.

Alla base invece dell’Unione Europea, come abbiamo visto nel precedente post, non c’è una Costituzione e quindi non c’è quel patto sociale che dovrebbe contraddistinguere le comunità. Non c’è quel processo decisionale che appartiene a tutti e in cui tutti si immedesimano. Alla base dell’UE ci sono degli accordi internazionali, tra Stati e non tra cittadini, il che non è necessariamente la stessa cosa.

E alla base dei trattati internazionali in genere ci sono ragioni economiche e così è nato anche il diritto comunitario che poi ha tentato di evolversi ma senza lasciare la sua base fondante: il profitto, le regole commerciali, la competizione, la concorrenza. E poi si è preteso che queste regole, buone magari per gli stati, fossero adattate ai cittadini di quegli stati, ai loro rapporti, alle scuole e ai servizi sociali.

Scompare Keynes e l’importanza del regolatore “Stato” all’interno dei rapporti sociali e tra le parti, e ognuno comincia a dover fare da se secondo il dettame neoliberista. Quindi l’opposto di quanto si erano prefissati i padri costituenti e tutte quelle persone che erano appena usciti dai disastrosi eventi del secondo dopoguerra con ancora il pensiero al primo e alle grandi crisi economiche nel mezzo delle due guerre.

In sostanza non si può pensare di dare un lavoro dignitoso a tutti se non abbiamo ben chiaro cosa sia un “lavoro dignitoso”, se non ne abbiamo discusso prima e codificato la tipologia. Poi c’è bisogno che il concetto di “lavoro dignitoso” non venga consegnato al mercato della domanda e dell’offerta, alla “mano invisibile”. Una volta deciso cosa fare bisogna poi farlo e stare attenti che il mercato si adegui e rispetti il patto sociale. Ma questo non può farlo il singolo lavoratore ma deve farlo il sistema, quindi lo Stato. Così come era previsto in Costituzione.

Se l’istruzione deve essere universale, così come il diritto alla salute, allora non si può centellinare gli interventi in questo settore. Anche qui la Costituzione con basi keynesiane e socialiste  permetteva sia l’intervento in economia e quindi il reperimento delle risorse, sia l’intervento sociale a tutela di chi si era deciso di tutelare con il patto sociale entrato in vigore il 1 gennaio 1948.

Per farla breve, è inutile far finta di lottare per l’ambiente, per il lavoro, per tenere aperta la fabbrica e anche per togliere le concessioni ai Benetton sulle autostrade se prima non hai chiaro il tipo di modello di società che vuoi. E necessario rendersi conto se bisogna lottare contro un singolo problema, in quanto distorsione di qualcosa strutturato bene e con basi solide, oppure devi combattere il sistema in quanto distorsione esso stesso. Quindi in questo caso è inutile protestare per il colore delle tende se il palazzo è stato costruito su una fetida palude.

Puoi togliere le concessioni ai Benetton se poi puoi spendere come Stato per fare la manutenzione. Se il sistema non lo permette allora devi accettare i morti quando i ponti cadono. Cioè, se è normale che tutto possa essere venduto ed utilizzato ai fini del profitto allora i morti sono una conseguenza non della cattiva gestione ma dell’accettazione del sistema. Seppure intervenisse lo Stato ma con i principi del “libero mercato”, quindi con l’idea che dovrebbe farci un attivo finanziario, allora non cambierebbe nulla rispetto alla gestione del privato essendo un “privato” esso stesso.

La gestione dell’utilità pubblica deve avvenire secondo principi diversi rispetto ai privati, ma questo comporterebbe l’accettazione del fatto che lo Stato non è come una famiglia e si comporta in maniera diversa, anzi deve farlo. Quindi deve intervenire e regolare e magari avere anche aziende gestite direttamente. Di sicuro dovrebbe avere il controllo del credito e dei soldi, quindi della banca centrale.

Questo non piace, bene. E’ una scelta. Allora si accettino i morti senza troppe storie inutili. Si accettino i tetti che cadono sulle teste dei ragazzi a scuola, che non si finanzi la ricerca e l’industria green. Sono solo conseguenze di una scelta, l’importante è che sia compreso e liberamente accettato.

La Costituzione italiana permetterebbe di nazionalizzare le autostrade perché hanno utilità sociale e anche perché lo Stato quando fa qualcosa per i cittadini non ha bisogno di lucrare e quindi ben venga che il suo bilancio vada in perdita mentre quello dei cittadini va in guadagno, i Trattati impongono invece di non farlo e che il bilancio dello Stato viene prima di quello dei cittadini (che non sono la stesa cosa).

A che serve scrivere che l’istruzione deve essere assicurata a tutti se poi non puoi fare manutenzione ai tetti? anche qui da una parte è previsto lo si faccia e si danno gli strumenti all’apparato per farlo, dall’altra si tolgono e si impedisce allo stesso apparato di farlo.

Così per la sanità ma anche per i migranti e presto per le carceri come avviene negli USA. Se privatizzi tutto allora hai anche bisogno di malati, di gente che fugge dai propri paesi e non hai nemmeno stimoli per aiutarli prima che comincino a scappare. Altrimenti ti va male il business a casa tua.

E’ il modello di società che si vuole costruire a cui bisogna opporsi non ai suoi tanti effetti. Se in Cina costruiscono un ospedale in 7 giorni oppure in Giappone rimettono a posto una strada franata in 1 giorno, non bisogna chiedersi l’origine del coronavirus o perché il lampione non è sprofondato insieme alla macchina dentro il buco. Bisognerebbe chiedersi: dove prendono i soldi? chi ha deciso la sua costruzione e perché poteva farlo? hanno più ingegneri di noi? hanno più tecnologia di noi? studiano meglio e più cose a scuola? ma non siamo il 9° paese per pil mondiale? cosa ci impedisce di farlo?

Se qualcuno fosse tentato a questo punto di passare la palla alla corruzione, allora sappiate che non è colpa mia. Ci ho provato. Ma con i 3.000 miliardi di euro sperperati dagli anni ’80 ad oggi di interessi sul debito pubblico avremmo reso felici non solo corrotti e corruttori ma anche tutto il resto della popolazione italiana. E allora … domande intelligenti sul debito pubblico?

…i Costituenti.

L’On Giorgio La Pira (democrazia cristiana), scriveva che il liberismo aveva dato prova di non poter risolvere il problema delle crisi periodiche di disoccupazione e che non aveva la virtù necessaria per superare tale problema, quindi bisognava andare nella direzione tracciata dall’onorevole Togliatti, cioè di creare uno strumento nuovo che permettesse una dignità effettiva della persona umana (noi con i Trattati europei siamo tornati allo strumento vecchio già negli anni ’40)

L’On. Roberto Lucifero D’Aprigliano (Partito Liberale) diceva che era possibile un nuovo liberalismo che si opponesse al vecchio in quanto poteva prevedere le nazionalizzazioni (quindi intervento dello Stato in economia).

Poi ci sono Maffioli, Fanfani, Moro e altri a dire che bisognava superare il liberismo, quello vecchio, quello che era stato la causa di tutti i mali.

 E il progetto va avanti perché nel mezzo del guado ci sono gli affaristi della politica che fingono o sono davvero convinti di lottare per l’ecologia, l’accoglienza, l’istruzione e la sanità pubblica. E migliaia di persone che negli stacchi pubblicitari li santifica per qualche mese o qualche anno inseguendo un sogno leggero e facile da comprendere. Sono insieme a lottare in quello spazio che tutte le dittature lasciano aperto al dissenso, controllati e guidati in maniera che si occupino di diffondere l’idea che sia possibile cambiare il mondo con una canzone o con l’abbraccio di una serata sotto le stelle.

Persone che non si occupano della creazione e della distribuzione delle risorse, del marcio che c’è alla base dei nuovi vincoli tra stati che non riescono ad essere patti sociali o costituzioni. Che non vedono nemmeno che dopo il 2008 non si sono nemmeno scomodati a seppellire i cadaveri.


Claudio Pisapia

Studio i fenomeni sociali seguendo quelli economici. Maturità classica e Laurea in Scienze Politiche, collaboro con il Gruppo Economia di Ferrara (GECOFE) nell'organizzazione di eventi, conferenze e nello studio della realtà macroeconomica. Collaboro con chi mi chiede collaborazione. Ho scritto i libri "Pensieri Sparsi" e "L'Altra Faccia della Moneta".

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