ACQUISTA ITALIANO … MA COME MAI?

Pubblicato da Claudio Pisapia il

In questi giorni mi arrivano, e quindi vuol dire che arrivano a tutti, molti inviti ad “acquistare italiano”, andare in vacanza in Italia, “spendere tricolore” insomma. E il tricolore è diventato di uso comune da quando siamo in quarantena da coronavirus, sventola sui balconi nonostante il campionato di calcio sia fermo e addirittura si canta l’inno d’Italia, lo si suona con la tromba, la chitarra e persino qualcuno lo fischia dalla finestra.

Che dire, tutto molto bello per essere vero. Quando un cambiamento avviene troppo velocemente non è detto che poi resista e che non cambi di nuovo.

Pochissimo tempo fa, quando ancora l’epidemia COVID 19 sembrava una questione prettamente cinese e comunque molto lontana, insieme a mia moglie abbiamo scelto di spendere 400 euro in più per il completo da tiro a segno e fuoco per l’attività sportiva di nostra figlia. In genere nell’ambiente ci si rivolge ad una catena che faceva capo al Pakistan e quindi dopo aver preso misure approssimative, inviato l’ordine e pagato in anticipo si attendeva il completo.

Sono stato un po’ insistente, ho suscitato occhiate strane quando chiedevo informazioni su qualche artigiano locale, almeno italiano, spiegando che in fondo sarebbe stato meglio dare lavoro a qualcuno vicino a noi piuttosto che mandare soldi in giro per il mondo. Del resto e di sicuro un artigiano locale sarebbe stato più a portata di mano e di sicuro più bravo. Beh, da queste richieste al passaggio al sovranista in genere ci vuole molto poco ma alla fine ho trovato il mio artigiano, anzi artigiana, in Veneto.

Ma perchè (papà) non fare come tutti gli altri?

io “beh, per vari motivi. Il primo è che ti voglio bene, il secondo è che in questo momento posso permettermi di spendere di più e il terzo che mi piacerebbe assicurarti un futuro”

lei “come campionessa del tiro a segno? olimpionica di successo?”

io “no, se arriva quello ben venga certo, ma sto pensando che magari se tutti ci rivolgessimo a quell’artigiana dietro l’angolo domani potrebbe ingrandirsi e avere bisogno di manodopera, di assumere altre persone e quindi dare lavoro a persone del posto”

lei “ma a me non interessa cucire tute. Non credo che avrò bisogno di quel lavoro.”

io “non è importante. L’importante è che ci siano lavori per tutti, più lavoro significa anche più possibilità che tu possa scegliere e fare quello che ti piace. Di sicuro se aumenta la possibilità di trovare lavoro, diminuiscono i disoccupati e quindi qualsiasi lavoro verrà pagato meglio. I lavoratori potranno difendere i propri diritti più facilmente.”

lei “quindi dici che ci guadagniamo tutti”

io “si, se ci sono le condizioni adatte perché tutti o tanti possano lavorare in pace e con gli incentivi giusti ci sarebbero anche più persone felici. E non pensi sia bello avere intorno persone felici piuttosto che gente arrabbiata?”

lei “in effetti. Ma è questo il sovranismo?”

io “no … questo è buon senso.”

lei “ma come fa a costare di meno le cose fatte in Pakistan rispetto a quelle che fanno qui dietro casa?”

io “per far costare di meno le cose che produci devi spendere di meno per produrle. Quindi devi utilizzare prodotti di qualità più scarsa e devi pagare di meno quelli che producono. Poi devi dare anche meno diritti a quelli che lavorano e fare queste cose in paesi come il Pakistan, l’India o la Cina, purtroppo, è facile. quindi dovremmo starci attenti”

lei “pure dalla Germania?”

io “no certo, nei paesi europei i lavoratori hanno diritti più o meno simili, ma questa è un’altra storia”

lei “non tutti però hanno la possibilità di spendere 400 euro in più per un prodotto”

io “è vero e questo è il punto. Qui dovrebbe intervenire lo Stato per regolare certi movimenti di beni a livello internazionale. Però quello che devi capire bene è questo: se tutti acquistiamo a prezzi ribassati perchè i prodotti arrivano in questo modo dall’estero allora qui lavorano meno persone e aumenta la povertà. Poichè l’unico modo allora per vendere anche noi dei prodotti è quello di rivolgerci all’estero, ma il discorso vale anche per il mercato interno, dobbiamo produrre alle stesse condizioni. Cioè dobbiamo pagare di meno chi produce, utilizzare prodotti di qualità inferiore e dare meno diritti ai lavoratori.”

lei “mi ricordo che dicevi delle cose su Renzi”

io ” si, art. 18 e altre cose di casa nostra.”

lei “insomma è un po’ come iscriversi ad un G.A.S., fare gli ordini di frutta, verdura e anche carne per chi la vuole alle aziende del ferrarese e poi andare a ritirare il venerdi sera lì al parchino schiaccianoci”

io ” si più o meno è cosi. Dare la giusta attenzione a quello che c’è intorno a te, sul tuo territorio. Tutto quello che poi alla fine ti ritorna indietro”

lei “si però questo è sovranismo, dai”

io “mi dispiace … è sempre buon senso”

Questi erano discorsi di tre mesi fa sugli acquisti nostrani. E per le bandiere tricolore ai balconi?

Anche questa è una storia strana. Diverse volte mi sono trovato in piazza con stand e materiale da distribuire o da far leggere alla gente che passava. Proponendo conferenze e dimostrazioni gratuite di cosa vuol dire comprendere davvero l’economia. Sempre sullo stand capeggiava una bandiera italiana.

io “lo sai che ci davano del: fascisti! e che molti si vergognavano di fermarsi proprio per la presenza della bandiera? avevano paura di essere etichettati.”

lei “ma dai, addirittura”

io “giuro”

lei “quindi la prossima volta sarà diverso?”

io “non credo, la gente dimentica presto e si ritornerà alle vecchie abitudini”

lei “ehhh, questo è pessimismo”

io “no… sempre buon senso”


Claudio Pisapia

Studio i fenomeni sociali seguendo quelli economici. Maturità classica e Laurea in Scienze Politiche, collaboro con il Gruppo Economia di Ferrara (GECOFE) nell'organizzazione di eventi, conferenze e nello studio della realtà macroeconomica. Collaboro con chi mi chiede collaborazione. Ho scritto i libri "Pensieri Sparsi" e "L'Altra Faccia della Moneta".

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